mercoledì 14 marzo 2018

I gamberi alla meta!

Vuota finalmente la canonica di Fusea!
            Il prof Furio Bianco già docente di storia moderna all’Università di Udine, aveva trasferito la sua passione per la storia per la Carnia in passione per la Carnia. Al punto di decidere di venire a risiedervi facendo il pendolare su Udine. D’intesa con il parroco e il sindaco di Tolmezzo del tempo (oltre vent’anni fa!),aveva ottenuto in uso un pezzetto della canonica di Fusea (in parte di proprietà comunale e in parte parrocchiale). In conto affitto l’aveva sistemato e trasformato in un confortevole appartamento, continuando poi a pagare regolarmente l’affitto al Comune. Per inciso, senza la sua presenza l’intero edificio della canonica, disabitato, sarebbe ora  in dissesto.
            Per un inspiegabile colpo di genio il 17 giugno 2017 il Comune ha deciso di cedere in uso, “ a scopo di culto” tutta la Canonica (per 8/10 di sua proprietà) alla parrocchia di Cazzaso (essendo nel frattempo “estinta” la parrocchia di Fusea). Al di là della discutibilità sotto il profilo della corretta gestione del patrimonio comunale, il Comune va scusato perché non poteva prevedere che dalla sua concessione derivasse la cacciata del professore. Nel corso della trattativa infatti il parroco aveva manifestato  l’intenzione di mantenere il rapporto con il prof. Bianco e per questo gli aveva fatto avere anche la  bozza d’un contratto d’affitto da stipularsi con la Parrocchia invece che con il Comune.  
            Stipulata la convenzione con il Comune, il 19 giugno 1917, con un classico scherzo da prete[1], il successivo 28 novembre il parroco inviava la raccomandata di sfratto al prof. Bianco, affermando l’urgente  necessità di “definire i tempi e i modi con cui intenderà rilasciare l’immobile” perché “la casa parrocchiale non può essere ceduta neppure parzialmente in comodato o locazione a terzi”, sottolineando che trascorsi i 60 giorni dalla ricezione della raccomandata di sfratto la Parrocchia, avrebbe dovuto “procedere con tutte le azioni a tutela degli interesse della Parrocchia stessa nelle sedi opportune”.
            Agli storici (e quindi anche al prof. Bianco) potrebbe interessare capire chi ha bluffato! Io da profano sono costretto a pensare che abbia dato  fastidio l’esempio che il prof. Bianco stava dando: lo scandalo di scegliere di venire a risiedere in montagna. Contro tutte le logiche di chi, al di là delle belle parole, fa di tutto perché la Carnia diventi VUOTA! (Oggi (14 marzo ) il prof. ha FINALMENTE consegnato le chiavi! Si può quindi immaginare la soddisfazione del Parroco e del Sindaco!!!)



[1] L’espressione si utilizza per indicare una burla sgradevole ed inaspettata, un brutto tiro spesso fatto da persone insospettabili. Essa nasce dalla tradizione anticlericale nelle regioni appartenenti agli Stati pontifici durante il Risorgimento


mercoledì 7 febbraio 2018

Ripopolare la montagna, a passo di gambero!

LETTERA APERTA AL SINDACO DI TOLMEZZO
Preg.mo Sig. Francesco Brollo                                          p.c.       Mons. Sergio Di Giusto
 Sindaco del Comune di Tolmezzo.                                  Curia Arcivescovile, Via Treppo, 7 - Udine
            Oggetto: utilizzo dell’ex canonica di Fusea.
            Ammesso e non concesso che esista un obbligo per i Comuni di provvedere l’alloggio ai parroci, è evidente che questo obbligo decade se non c’è il parroco, o a maggior ragione se, come nel caso di Fusea,  con decreto del Ministero dell’interno in data 29.08.1986, sia stata “estinta” la personalità giuridica della chiesa parrocchiale  e il suo patrimonio sia stato trasferito di diritto alla Parrocchia di Cazzaso.
 L’immobile ex-canonica di Fusea è per 8/10 di proprietà comunale, accatastato “in usufrutto al curato pro tempore”. Mancando il parroco residente, (dal 1977), il diritto all’usufrutto si è evidentemente prescritto per il non uso e per l’abbandono del bene. Ci si troverebbe a discutere di un rudere se i sindaci predecessori non avessero provveduto, con buon senso, a dare diversa destinazione all’immobile. Ciò facendo hanno evitato il dissesto anche dei due decimi di proprietà della parrocchia.
            Ora il parroco pro tempore  Mons. Zanello ha rivendicato all’uso della Parrocchia di Cazzaso anche la parte comunale dell’ex-canonica di Fusea, (dopo averla rivendicata con il predecessore Zearo, nel 2012, come “estinto” Parroco di Fusea!). A che titolo, per quanto detto sopra? Invece, inspiegabilmente, il Comune ha aderito alla richiesta  con la convenzione n.24/2017 S.P. del 19 giugno 2017.
            Dall’operazione sarebbe derivato l’obbligo per la Parrocchia di Cazzaso a sfrattare l’inquilino che ha consentito di evitare il dissesto dell’immobile in questi anni. Eppure,  il parroco si era impegnato a mantenere il rapporto di locazione in essere. Non solo, il mese di maggio del 2016,  aveva sottoposto al locatario una proposta di nuovo contratto di locazione. Che cosa è cambiato per indurre il Parroco a  rappresentare  al locatario, il 28 novembre u.s. la necessità di “definire i tempi e i modi con cui intenderà rilasciare l’immobile” perché “la casa parrocchiale non può essere ceduta neppure parzialmente in comodato o locazione a terzi”? Neppure con il consenso e a richiesta del Comune proprietario?
            Chi, è perché, ha bluffato in questa fase della vicenda?
            Il Comune quindi avrebbe concesso un immobile, proprio bene patrimoniale, alla Parrocchia di Cazzaso costretta a lasciarlo vuoto, ai sensi della stessa convenzione con la quale le è stato concesso!!! In “punta di diritto” quindi la ex canonica di Fusea sarà d’ora in poi inutilizzata a fini di culto  come quella di Cazzaso. Con l’impegno per il Comune alla manutenzione straordinaria!
            Sembrerebbe che il vantaggio per il Comune su questa operazione debba ricercarsi nel fatto che ora potrà realizzare un campetto gioco nel cortile della ex canonica. Rilevato che il terreno è di proprietà comunale, lo si è dato in uso alla Parrocchia di Cazzaso, ora quindi il costruendo campo giochi, sarà gravato dal vincolo di “destinazione al culto”, utilizzabile a parere del Parroco. Così pure d’ora in poi la Consulta frazionale potrà utilizzare i locali di proprietà comunale, “concordando il calendario delle riunioni” con il Parroco. Ha  senso tutto questo?
            L’unico vero problema da risolvere era il fatto che, in conto affitto (regolarmente poi pagato al Comune) il locatario (con il tacito consenso di Sindaco e Parroco del tempo) aveva realizzato l’alloggio utilizzando in commistione locali del Comune e della parrocchia. Non essendo possibile il ripristino della situazione quo ante, sarebbe bastato definire un accordo di permuta delle proprietà, riconoscendo alla Parrocchia i suoi  due decimi, in una soluzione fruibile dalla stessa per le attività parrocchiali, in cambio delle preesistenti tre stanze su tre piani, per questo inutilizzabili “a fini di culto”. Si sarebbero così salvaguardati i diritti e gli interessi sia della Parrocchia  che quelli del Comune.
            A prescindere dalla possibilità che,  per la fattispecie determinatasi, il Comune potesse risolvere la situazione facendo valere il diritto d’usucapione, si può ancora arrivare a questa soluzione di buon senso, discutendo  il caso con la Curia, dopo aver provocato il recesso dalla citata sciagurata convenzione.
            Non è un “fatto privato”, come ha affermato in Consiglio un assessore, ma emblematico e politicamente significativo, l’allontanamento, (per iniziativa diretta o indiretta del Comune capoluogo della Carnia) per lasciare vuoto un nuovo alloggio, d’una persona che in questi anni ha dimostrato nei fatti che si può scegliere di vivere in montagna. Se poi nel caso si tratta d’uno studioso dei problemi della Carnia (fra le tante opere  basti ricordare “Comunità di Carnia” Ed. Casamassima, 1985), l’allontanamento, invece che il conferimento della cittadinanza onoraria, diventa sorprendente come fatto caratterizzante  l’anno di “Tolmezzo città alpina”.
          
                                                                                         


lunedì 22 gennaio 2018

Tolmezzo, città-mercato.

       Tolmezzo, a suo tempo, era un città murata come Venzone. Ma era anche una città-mercato. Sviluppata  all’interno come un anello da percorrere pedonalmente. Alla fine dell’Ottocento inizi del Novecento, è passata l’idea sciagurata di sventrarla e farne una città di transito. Nel 1906 si è demolita anche la porta di sopra e si è allungato il paese su Via Matteotti, spostandovi le attività commerciali che avrebbero dovuto completare l’anello su via Del Din e via Linussio. 
       Negli anni venti si aprì una grande discussione sul tema della possibilità di ripristinare l’impianto originario. Vinsero quelli dei si e si impostò un piano regolatore che prevedeva nel giro di venti anni di riportare, “entro le mura” le funzioni commerciali e di servizio emigrate. 
        Non sono state ricostruite le mura, ma al loro posto c’è un pettine di parcheggi. Via Lequio è diventata la via che fascia la città mercato, attrezzata con spazi parcheggio.               All’interno il circuito pedonale è stato rafforzato con un circuito coperto dai sottoportici. Ci sono voluti venti anni, e la lungimiranza degli amministratori degli anni venti, ma ora (siamo nel 2050!) Tolmezzo è famosa e in pieno sviluppo, perché è diventata una moderna città-fiera su un impianto urbanistico storico, una originale quindi città-mercato.