Dalla scuola la rinascita in
Val Degano e Val Pesarina.
Un ultimo sassolino si muove e parte
una frana imponente. Un insignificante sassolino può così prendersi il merito d’aver provocato
una frana. Allo stesso modo anche un fatto di per sé insignificante può
diventare la prima pietra della rinascita dopo la frana. Per questo gli storici del fenomeno della
rinascita dei mitici anni venti in Carnia, attribuiscono una importanza tutt’altro che secondaria alla conferenza
tenuta dal già citato rompiballe all’inizio del 2017 sulla scuola del futuro in
Carnia.
Fu proprio dall’idea d’una frana che
prese avvio il suo discorso. “C’è una frana demografica in atto, tanto vale
calcolare dove si potrà fermare e da lì ripartire per ricostruire” Partì dalla
previsione che dai 37.000 abitanti del 2017, in pochi anni la frana potesse
arrestarsi attorno ai 30.000, e che quello fosse il dato su cui ragionare per
immaginare il progetto della rinascita.
Nulla di preoccupante spiegò dandosi
arie da storico, perché la Carnia è sempre vissuta in una guerra continua con
il bosco. A momenti l’ha respinto a favore dei prati, a momenti il bosco s’è
ripreso il territorio. Nel 1781 la Carnia aveva 25.900 abitanti mentre invece nel 1922 ne
aveva 65.850. Dopo un secolo tornare ai 30.000 (o giù di lì) è fisiologico. Ma
la Carnia che si può immaginare partendo da questo dato non ha nulla a che
vedere con quella che si era sviluppata su un numero più del doppio di
abitanti. Ogni rimpianto è una perdita di tempo a partire da quello sul fatto
che ogni paese aveva una scuola.
Dal punto di vista della
riorganizzazione scolastica si deve subito immaginare la Carnia dei tre Istituti comprensivi: Val
Tagliamento-Val Degano, Valle del But, e Conca Tolmezzina. Attardarsi su
soluzioni intermedie è perdita di tempo.
Una (due al massimo) scuole Secondarie di Primo grado, due (tre al massimo)
scuole Primarie per comprensorio. Il come e il dove da programmarsi non
pensando alla difesa del numero degli
addetti (insegnanti e Ata), non alle bandierine che ogni Sindaco
vorrebbe mantenere nel suo Comune, ma all’interesse dei ragazzi. Da crescere in
una scuola di eccellenza se si vuole che possa diventare un motore di
eccellenza per la rinascita del territorio.
Già vent’anni prima con il progetto
Sbilfs, in Carnia s’era proposta la teledidattica per conciliare il decentramento possibile con le
pluriclassi, con la necessità di evitare gli handicap che la pluriclasse può
portare sotto il profilo didattico. Il rompiballe era stato invitato a
conferenziare, proprio perché a suo tempo era stato ideatore di quel progetto.
Si pensava che lo riprendesse e rilanciasse e invece…
Analizzando le soluzioni più
avanzate in fase di sperimentazione in Italia ed all’Estero, venne a proporre
le CLASSI VIRTUALI A LEZIONE RIBALTATA. Non si trattava d’una provocazione
perché la proposta era in linea con quanto
si andava seminando in Alto Friuli. Già il 6 settembre
2016 si era tenuto un convegno sul “Fare
didattica utilizzando gli EAS - episodi
di apprendimento situato”. La sua proposta immaginava di portare a sistema le
idee di quel convegno: dagli EAS alla Flipped Lesson.
Flipped era già stata tradotto, con
la mania dei termini in friulano, in “Metìn sot sore”, da lui veniva ritradotto in
“ribaltata”. A dar l’idea d’un vero ribaltamento dell’idea tradizionale di
lezione frontale. L’uditorio composito non consentiva una trattazione
approfondita dell’argomento. Si trattava di buttare un seme, e la conferenza fu
l’occasione.
Casualità o coincidenza! L’idea
venne subito tradotta in un progetto
nell’ambito del programma Aree Interne. Nacque così il programma pilota di scuola a classi
virtuali a lezione ribaltata, che aveva come primo ambito di applicazione
proprio la Val Degano-Pesarina.
La scuola Secondaria di Primo grado
ad Ovaro e due Primarie: quella di Ovaro per i ragazzi del posto, quella di
Comeglians per i restanti Comuni. Le classi vennero collegate in rete a Banda
larga convincendo l’Insiel a spillare la fibra dai Comuni. Tutti i ragazzi
vennero dotati del Tablet. Le classi dotate della LIM la lavagna interattiva,
collegate in rete. Un a grande spesa? Meno di quella necessaria per rettificare
una curva o fare un nuovo ponte!
Il concetto di “lezione ribaltata”
si fonda sul presupposto che la conoscenza non va trasmessa ma va costruita
dando all’insegnante il compito di facilitatore non di trasmettitore. Il
secondo presupposto è che le nuove tecnologie amate dai ragazzi, non vanno
demonizzate ma utilizzate. Su questi presupposti si sviluppa una didattica che
rovescia l’idea tradizionale di lezione. Agli scolari viene anticipato il tema
della lezione e vengono suggeriti i siti web ove possono acquisire una prima
conoscenza, in classe si passa a ristrutturare le conoscenze acquisite. Si
applica così il concetto di base del costruttivismo sociale per il quale la “conoscenza
non è un insieme di nozioni teoriche apprese, ma frutto di un processo
dinamico, cioè della partecipazione attiva di un soggetto all'interno di un
contesto, data dall'interazione con gli altri membri e la situazione
circostante”.
Il programma sperimentale si
sviluppò in collaborazione con l’Università di Udine che mise a disposizione
due tutor, con il compito di assistere quotidianamente gli insegnanti impegnati
nella sperimentazione, con incarico a tempo pieno.- Un dottorando di Scienze
della formazione che si stava specializzando sul tema ed un dottorando di
informatica esperto della materia. Il comitato di Pilotaggio era costituito dai
cinque sindaci della vallata. Convinti
che il loro compito non fosse solo quello di badare a che la scuola
avesse il riscaldamento, s’erano posti finalmente nell’ottica di diventare
“manager dello sviluppo economico del loro territorio”, facendosi carico quindi
della formazione delle nuove generazioni.
Per la flessibilità consentita dalle
classi ribaltate, le lezioni in aula si tenevano solo alla mattina. I ragazzi
rientravano al pomeriggio per il doposcuola nei rispettivi Comuni ove avevano
la possibilità di prepararsi alle lezioni del giorno dopo seguiti da un tutor,
a spese del Comune, e da animatori volontari, con il compito di sviluppare in
loro il concetto ed il valore dell’identità di paese. Incidentalmente questa
possibilità consentì ai sindaci di salvare le “bandierine” e rendere più facile
l’’accettazione del progetto.
Originale anche l’organizzazione
delle classi come piccole cooperative, su modelli già sperimentati dall’Irecoop
di Confcooperative. Divennero comunità di pratica per fare una esperienza di
democrazia, attraverso le elezioni del presidente e del consiglio di
amministrazione. Ma soprattutto divennero comunità di pratica per inseminare
l’idea del fare impresa. Con la collaborazione di volontari del paese le classi
attivarono iniziative di produzione e commercializzazione di prodotti agroalimentari,
facendo esperienza “sul campo” di
gestione ambientale. Introducendo la metodologia del cooperative learning,
dello studio cooperativo condiviso, divennero strumenti per favorire la cultura
della condivisione
Come all’inizio del Novecento era
stata l’idea della cooperazione a favorire lo sviluppo della Carnia, si andò
affermando l’idea della condivisione (sharing), come chiave per innescare un
nuovo processo di sviluppo.
Sharing-condivisione presupposto del progetto
scolastico divenne un “must” per la valle. Sharing nei trasporti. La
flessibilità tra scuola e doposcuola avrebbe comportato l’aumento dei costi dei
trasporti e invece si giunse all’ eliminazione degli scuolabus sostituiti da
una sistema di car pooling e car sharing utilizzando come autisti, genitori,
nonni e volontari.
Dalla scuola il sistema si trasferì
al territorio e vennero eliminate anche le corriere.
Ogni comune si dotò di autovetture
da mettere a disposizione in car sharing. Il cittadino che la noleggiava aveva
una tariffa scontata, (a titolo gratuito se caricava tre passeggeri). Gli
studenti e poi gli abitanti acquistavano dei buoni trasporto a prezzo agevolato (finanziamento del
progetto) che consegnavano al conducente
che scontava il costo del noleggio. Il tutto in forma telematica o cartacea.
Furono eliminate anche le mense
scolastiche. I buoni pasto venivano gestiti condividendo la tavola delle mamme
non impegnate al lavoro. Si riuscì persino a superare il disagio dei ragazzi
che dovevano partire da più lontano. Si stabilì che le lezioni iniziavano al
momento in cui i ragazzi si collegavano con il tablet alla scuola. Quelli di
Forni Avoltri lo facevano entrando nelle autovetture dotate di WiFi, quelli di
Ovaro entrando in classe.
Il
modello scuola si diffuse al territorio. Il concetto di Sharing consentì ad
ogni paese d’avere l’Asilo Nido nella forma del Tagesmutter, la scuola materna
nella forma delle classi aperte con il metodo Montessori, che prevede
l’avvicinamento del bambino alla natura e al territorio che lo circonda.
Gestendo l’orto o l’allevamento di chiocciole, previsto dal metodo, si sviluppò
in loro il seme dell’imprenditoria.
I
Sindaci della valle capirono che dallo sviluppo di questo seme dipendeva il
futuro della valle come quello di tutta la Carnia. Presero così a gestire sul
proprio territorio i programmi di alternanza scuola lavoro introdotti nelle
scuole medie superiori, finalizzati a favorire lo sviluppo del seme della
cultura d’impresa. Rispetto ad un passato quando l’ideale era quello di poter
fare la guardia forestale, prese a passare il messaggio che era stato di
Linussio dell’”ex se factus-fattosi da solo”, come ideale per la realizzazione
sul piano umano prima ancora che su quello professionale e del business.
Sharing e Rete divennero le parole chiave anche per lo sviluppo economico. Il car-sharing consentì di risolvere il problema di molti servizi a partire da quello postale per arrivare a quello della spesa a domicilio.
Sharing e Rete divennero le parole chiave anche per lo sviluppo economico. Il car-sharing consentì di risolvere il problema di molti servizi a partire da quello postale per arrivare a quello della spesa a domicilio.
La condivisione delle case nelle
forme del B&B in rete, rilanciò la ricettività che aveva avuto un grande
rilievo nella storia della vallata e consentì la ripresa del turismo. La
condivisione dell’agroalimentare a chilometro zero, fece della valle
Degano-Pesarina un modello da esportare in tutta Europa.
La integrazione del reddito con
attività legate al paese diede una nuova motivazione alla
scelta di vivere in
montagna, mentre la scuola ridava nuove motivazioni sul piano culturale, e la
riorganizzazione socio sanitaria consentiva una nuova vivibilità.
Le figure del vigile di paese e dell’infermiere
di paese, come terminali locali della
rete carnica dei servizi socio sanitari, ricrearono un clima diverso all’interno
dei paesi. Migliorata l’assistenza domiciliare con l’introduzione dei sistemi
domotici di vigilanza a distanza, fu possibile anche per gli anziani soli
continuare a risiedere il paese. Mentre il collegamento telematico con sistemi
avanzati di visione consentiva agli infermieri di paese di operare come
terminali del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Tolmezzo i cui medici potevano partecipare in diretta a definire la diagnosi
dei casi esaminati dell’infermiere.
Alla fine si affermò persino il
car-cooking al quale il rompiballe aveva parlato in altra occasione: si diffuse
e divenne tradizione, l’idea di condividere in forma comunitaria, il pranzo
della domenica.
Chi avrebbe potuto immaginare che da
un seme gettato a scuola, potesse nascere una pianta così nuova e rigogliosa!...
DD, Degano Domani divenne un
marchio!!!