Una
iniziativa molto apprezzabile quella di Cramars per il loro ventennale, che mi
auguro abbia un grande successo. Anche
se, per quanto mi riguarda, ho una riserva di fondo. L’idea d’un festival delle
idee fa pensare a una visione in positivo, “liberando la montagna dagli
stereotipi e dalla commiserazione”, come si dice nella presentazione. Ma nel
programma poi mi sembra si torni invece allo stereotipo della diversità in
negativo. Mentre invece, almeno per la Carnia, credo sia il caso di smetterla
di piangere sugli handicap.
Il
villaggio di nome Carnia è un villaggio ancorato, attraverso il casello di
Amaro, all’autostrada Venezia-Monaco, in una posizione quindi geograficamente
strategica, quanto Udine. Per arrivare al casello, dalla maggior parte del
territorio, si sta meno di quanto si sta ad attraversare Udine, con qualche
curva di troppo, ma con tutti i semafori di meno. Rispetto ai casermoni dei
quartieri periferici di Udine, il territorio è articolato in 120 piccoli
quartieri residenziali, pregevoli dal punto di vista architettonico e
paesaggistico, che garantiscono una qualità della vita molto migliore di quella
delle periferie udinesi. Quartieri-paese che consentono interessanti e
piacevoli integrazioni del reddito familiare con la gestione degli orti o con
la gestione degli spazi abitativi eccedenti a fini di ricettività turistica.
Un
villaggio che non conosce il fenomeno della disoccupazione, (interessato al
contrario da un pendolarismo in entrata), che offre opportunità occupazionali
interessanti per il livello tecnologicamente avanzato di molte aziende.
Ciò
malgrado è in atto una fuga dall’Eden della Carnia all’inferno dei quartieri
periferici di Udine!
Questo
è il problema, per il quale l’unica spiegazione possibile è quella culturale.
La generazione del dopoguerra invece che interpretare il villaggio come terra
di elezione l’ha visto come terra di maledizione e ha fatto di questa idea un
brand da trasmettere alle nuove generazioni.
La
Carnia all’inizio dell’Ottocento aveva 30.000 abitanti all’inizio del Novecento
65.000. La Carnia dei 65.000 è un territorio che per mantenere tutta questa
popolazione doveva essere sfruttato in situazioni estreme, fino a dover
difendere il bosco dall’aggressione degli umani. E’ questa condizione di vivibilità
estrema ad aver generato probabilmente l’idea della terra maledetta. Oggi la
Carnia torna ad assestarsi attorno ai 35.000 abitanti che è forse la situazione
demografica ideale. Oggi si devono difendere i paesi dall’assalto del bosco.
Guardare a ciò che si era e si è perso, perdendo 30.000 abitanti, non ha senso.
Va immaginata e riprogettata la Carnia dei 35.000. Un villaggio che sul Collegamento
tra l’Adriatico e il Centro Europa sviluppa la sua economia glocale (come è
avvenuto nei momenti favorevoli della sua storia dai Patriarchi a Linussio), con
il turismo e l’agricoltura settori d’integrazione.
Convenendo su questa analisi, se
il problema è culturale non si può che ripartire dalla scuola, con percorsi
didattici che già dalla primaria mettano in evidenza e insegnino ad apprezzare
la bellezza dei territori e formino a fruire delle opportunità offerte dai territori
stessi. Per fare un esempio fuori dalla Carnia, la scuola materna del piccolo
Comune di Montenars non a caso si chiama “scuola nel bosco”
Resto
quindi stupito dal fatto che in un festival delle idee per la montagna non ci
sia la scuola, doppiamente sorpreso di questa mancanza, in un avvenimento di
così forte impatto, organizzato da un Centro di Formazione. Comunque iniziativa
molto apprezzabile che mi auguro venga apprezzata con una partecipazione intensa
e attenta.
Mi dice Pasquale d'aver provato a inserire un commento che non gli è stato accettato. Questa è la prova provata che funziona.
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